Protocolli di trattamento

Psicoterapia Integrata

Questo tipo di Psicoterapia si definisce “integrata” poiché fonde insieme modelli di Psicoterapia diversi per una maggiore efficienza e validità. Nasce ad opera di alcuni studiosi – convinti che un unico modo di fare terapia non può essere completo ed efficace – B.E. Wolfe, M.R. Golfried, H. Arkowitz, J.J. Poznanski, J. McLennan, D.B. Arknow e P. Wachtel.

La loro ricerca mira alla rielaborazione di teorie e tecniche efficaci per trovare modi diversi di fare Psicoterapia, da applicare in modo differente a seconda dei casi per rendere la terapia più flessibile e aderente alla persona, ai suoi bisogni e ai suoi problemi.

 

Psicologia Individuale (Alfred Adler)

La Psicoterapia Individuale è una Psicoterapia psicodinamica sviluppata da Alfred Adler, allievo di Sigmund Freud, che si concentra sull’individuo e il suo comportamento, in particolare sugli atteggiamenti volti a fare fronte alle sue debolezze fisiche o psicologiche. Secondo Adler il comportamento individuale esprime un progetto, non del tutto cosciente, teso all’affermazione di sé, alla stabilità e alla sicurezza.

Le Compensazioni, come le interpretazioni di sé e del mondo, diventano parte della persona e del suo modo di vivere e sono difficili da cambiare.

Se un uomo vive secondo un’errata interpretazione della realtà, si comporta in modo artificioso, mettendo in atto compensazioni non funzionali rispetto ai suoi bisogni, così si crea una disarmonia fra uomo e realtà che può causare disagi o disturbi a livello psicologico.

La Terapia Adleriana “lavora” sulle errate interpretazioni per ricostruirne di nuove e individuare meccanismi di compensazione più funzionali, nel rispetto di ogni individuo e dei suoi particolari bisogni.

Eliminando gli atteggiamenti artificiosi e le compensazioni che hanno effetti negativi è possibile costruire un nuovo progetto e adottare un nuovo stile di vita, in armonia con la realtà.

Gestalt (Terapia Gestaltica)

La Terapia della Gestalt si sviluppa a partire dalla fine del XX secolo ed è tuttora in evoluzione.

Questo tipo di terapia si colloca all’incrocio fra teorie diverse e prende spunto da diverse scuole: la Psicoanalisi di S. Freud, la Psicologia Analitica di C.G. Jung, quella Sociale di K. Lewin, dagli studi sul corpo di W. Reich e da quelli sulla percezione ecc. A renderla ufficiale fu lo Psicoterapeuta tedesco Fritz Perls insieme alla moglie Laura Posner.

Il termine tedesco “Gestalt” significa forma, rappresentazione, struttura e rimanda alla totalità, a una configurazione armonica unitaria; il verbo “Gestalten” significa dare una struttura, una forma.

Secondo la teoria della Gestalt l’uomo costituisce, insieme all’ambiente, un unico sistema che interagisce, e va considerato nella sua interezza: fisica, psicologica, intellettuale, emotiva, spirituale e sociale.

La Gestalt si concentra in particolar modo sui processi percettivi: come l’uomo percepisce se stesso e la realtà e come organizza queste percezioni. Non si interessa tanto al perché dei suoi comportamenti o al perché dei suoi disagi, quanto piuttosto al cosa e al come si manifestano.

L’obiettivo della psicoterapia della Gestalt è far sì che l’uomo giunga a superare la frammentarietà con cui percepisce se stesso e la realtà, e che tutte le parti della sua personalità trovino integrazione.

La Terapia vuole quindi favorire l’integrazione, l’auto-consapevolezza e anche l’adattamento creativo dell’uomo, lo invita a esplorare se stesso e il mondo, a vivere il più intensamente possibile nel qui e ora, ascoltando sia le sensazioni emotive sia quelle corporee, imparando ad agire (mettere in atto) i sentimenti.

Il paziente, durante la terapia, può conoscere e accettare le emozioni, comprendere i problemi, esplorare le soluzioni, scoprire le sue risorse e le sue potenzialità inespresse, giungere alla completezza e all’autonomia.

Per questo la Terapia della Gestalt – oltre che per la Psicoterapia individuale – è utilizzata anche nei percorsi di Crescita Personale, viene inoltre applicata in terapia familiare, di gruppo, nelle scuole o altre istituzioni, in ambito sociale e aziendale.

Ipnosi e l’Ipnoterapia

L’Ipnosi è uno stato neurologico e psicofisico particolare, ma assolutamente naturale, in cui si attiva la parte destra del cervello e si ha un’alterazione delle percezioni e della coscienza.

L’Ipnotismo è invece l’insieme delle tecniche usate per indurre l’ipnosi, mentre si parla di Ipnositerapia quando si utilizza l’ipnosi in ambito clinico che, insieme al paziente, persegue un preciso scopo terapeutico.

Ipnoterapia (l’ipnosi) è uno stato “naturale”, una capacità della mente umana che tutti possiamo sperimentare o sviluppare. Può essere provocata ma anche auto-indotta fino a uno stato di leggera trance o dormiveglia. In questo stato – contrariamente a quello che si potrebbe pensare – la persona è in grado di usare la propria volontà, anche se in modo diverso.

Quello le accade è un abbassamento delle difese razionali, che la rende più ricettiva rispetto a quando si trova in una condizione normale. Quando si è in trance ipnotica è possibile condizionare il proprio stato fisico e psichico e il proprio comportamento.

Durante l’ipnosi, la persona viene guidata dal Terapeuta verso emozioni e ricordi rimossi (parte inconscia) e può rivivere queste esperienze, spesso dolorose, attribuendo loro significati nuovi e più positivi. In stato di trance infatti, è possibile stimolare la capacità di cambiamento.

In ambito psicologico e psicoterapeutico viene usata nel trattamento di Disturbi d’Ansia, Fobie, Attacchi di Panico, Dipendenze da alcool o droghe, Disturbi Somatoformi, Alimentari ecc.

Terapia Centrata sul Cliente

La Terapia centrata sul cliente è una teoria psicologica (e un tipo di Psicoterapia) sviluppata da Carl R. Rogers (1940), basata sulla necessità e la capacità dell’uomo di vivere, crescere e realizzarsi, concetto ripreso dalla Psicologia Umanistica a partire dagli anni ’60.

Compito del Terapeuta Rogersiano è calarsi nei panni della persona usando capacità di ascolto ed empatia, per instaurare un rapporto orizzontale e paritetico, che Carl Rogers definisce “non direttivo”. Ogni uomo possiede qualità innate per vivere bene, migliorare se stesso, i propri atteggiamenti e auto-affermarsi.

Il Terapeuta infatti non insegna nulla al cliente – non offre indicazioni e consigli – bensì un clima positivo in cui aprirsi per comprendere meglio se stesso, accettarsi, cambiare e migliorarsi.

Il Cliente in questo clima – fatto di fiducia, stima e accettazione incondizionata – si apre senza pudori, è stimolato a trovare o ritrovare le proprie risorse per auto-affermarsi e auto-realizzarsi, come persona responsabile del proprio cambiamento.

In questa relazione a due sicura, protetta e soprattutto priva di pregiudizi, la persona può abbandonare le sue resistenze, rivelarsi senza timori e trovare la forza di cambiare. Questa conquista permette di affrontare meglio anche le sfide future della vita.

 

Terapia Strategica

La Terapia (Breve) Strategica è un nuovo modo di fare terapia tuttora in evoluzione, che non si basa più sulla ricerca delle cause del disturbo, sul suo “perché”, ma si concentra sul “come” il disturbo si è strutturato, come si manifesta e come si mantiene. È efficace nel combattere: fobie, attacchi di panico, disturbi alimentari, ossessioni-compulsioni e altre problematiche di tipo psicologico.

Le basi di questa teoria e pratica terapeutica furono gettate dallo Psicologo e Filosofo austriaco Paul Watzlawick, a metà del secolo scorso presso la Scuola di Palo Alto in California, prendendo spunto da contributi e studi psicologici diversi (su Comunicazione e Cibernetica di Gregory Bateson, sull’Ipnosi di Milton Erickson e dal Costruttivismo).

La terapia breve strategica parte dal presupposto che le persone non reagiscono alla realtà per come essa è, ma a quello che credono sia la realtà. Nelle persone possono esserci delle “distorsioni” che creano pensieri non funzionali ed emozioni dolorose che alimentano una spirale negativa.

Il pensiero/sentimento disfunzionale si manifesta nel sintomo, il sintomo mantiene il comportamento disfunzionale che, a sua volta, alimenta il sintomo, lo mantiene o addirittura lo aggrava. Un circolo vizioso.

In pratica si va come a smantellare il disturbo che si era instaurato per costruire un nuovo modo di vivere e vedere le cose. È come se il terapeuta sostituisse il nostro paio di occhiali, pesante e con le lenti distorte, con un nuovo paio di occhiali, dalla montatura leggera e con le lenti giuste.

Psicoanalisi (Sigmund Freud)

La Psicoanalisi è letteralmente lo studio dell’anima e della mente. Fu sviluppata da Sigmund Freud (medico neurologo di origine austriaca), alla fine del ‘800, per superare alcuni limiti che riscontrava nel trattamento dei disturbi psicologici (ad es. isteria, nevrosi). Allora si usava sopratutto la tecnica dell’ipnosi.

Lo Psicoanalista austriaco rivoluzionò il metodo di affrontare i disturbi introducendo quella che allora chiamò: “la Cura delle parole”, grazie alla quale le persone riuscivano a parlare liberamente seguendo il flusso dei propri pensieri, senza censure. In questo modo, secondo Freud, emergono pensieri e sensazioni rimossi dalla coscienza (inconsci), e con essi i traumi e le “verità nascoste” delle persone. Freud ere convinto infatti che i traumi rimossi e i conflitti bloccati dentro la mente fossero all’origine delle patologie.

Possiamo dire che la Psicoanalisi nasce come metodo di esplorazione della mente che, seguendo il flusso dei pensieri, senza censura, attraverso sogni e libere associazioni, permette di far emergere, analizzare e superare i contenuti nascosti.

Un concetto fondamentale per la Psicoanalisi, espresso da Freud, è la suddivisione della psiche in tre parti. Semplificando molto il suo concetto potremmo dire che la psiche è composta da:

Io: la parte cosciente e consapevole di noi stessi, o meglio la parte con cui identifichiamo noi stessi e che ci fa adeguare alla realtà;

Es: la parte “primordiale”, inconscia e non consapevole che è “governata” dagli istinti e dalle pulsioni;

Super Io: la parte della mente che – in modo “automatico” – governa i nostri impulsi e li censura, ad esempio facendoci vergognare o sentire in colpa, oppure dicendoci che “questo o quello” non si possono fare perché sono azioni da persone cattive, oppure sono cose maleducate o sconvenienti.

Per arrivare a conoscere l’Es, oltre alla “cura delle parole”, Freud usava l’interpretazione dei sogni, ricchi di simboli e significati: la “via maestra verso l’inconscio”. In questo modo Freud ha elaborato la “Teoria dell’inconscio” e fondato un nuovo metodo terapeutico per trattare i disturbi che, ai tempi, segnò una specie di rivoluzione e fu adottato da molti altri suoi colleghi.

Oggi, parlare di Psicoanalisi, significa parlare di tanti metodi diversi per aiutare le persone. Guidata in questo percorso dallo Psicoanalista, la persona diventa in grado di capire autonomamente la sua sofferenza e la causa del suo disagio. Il fatto di arrivare da sola alla consapevolezza dei vissuti rimossi (traumi, emozioni…), e a quella parte inaccessibile della propria mente (Es – Inconscio), fa sì che la persona possa superare il proprio problema, e generare quegli “anticorpi” che le permetteranno di non bloccarsi in futuro in altre problematiche simili.

Psicologia Analitica (Carl Jung)

La Psicologia Analitica, o Psicologia del Profondo, è una teoria psicologica – e metodo terapeutico – che fa capo a Carl Gustav Jung, Psichiatra e Psicoanalista svizzero, membro della Società Psicoanalitica di Vienna presieduta da Sigmund Freud, con cui collaborò per lunghi anni, fino alla frattura su importanti questioni teoriche.

Il metodo indagine di Jung si basa su concetti comuni a quelli di Freud, ma sviluppati in modo diverso. Ad esempio la Libido, legata per Freud alla pulsione sessuale, per Jung è energia psichica che attiva ogni manifestazione umana, anche culturale. L’Inconscio non è determinato da esperienze passate, ma è qualcosa di attivo e “creativo” che contiene in sé un progetto per il futuro, e il Simbolo non è un contenuto rimosso, ma un elemento che può promuovere lo sviluppo e la trasformazione. Inoltre Jung introduce nelle sue teorie alcuni aspetti desunti dal suo studio delle filosofie orientali.

Nell’impostazione junghiana anche il concetto di disturbo mentale acquista una dimensione particolare: incarna il simbolo di una trasformazione da effettuare.

Psicologia Analitica. Jung – accanto all’inconscio individuale – ipotizza la presenza di un inconscio collettivo, un’eredità culturale, mitica e religiosa, fatta di immagini primordiali collettive e immutabili – gli Archetipi – che condizionano i modi di vivere e fare esperienza dell’uomo.

Per realizzare la sua autonomia rispetto a questi modelli collettivi, l’uomo deve affrontare un percorso spesso doloroso, un confronto con se stesso che coinvolge tutti gli opposti presenti in lui: l’aspetto di sé che mostra nel rispetto delle convenzioni sociali (“Persona”), la parte che tiene nascosta, i suoi impulsi repressi in quanto inaccettabili o incompatibili con la parte conscia (“Ombra”).

L’uomo deve riconoscere gli atteggiamenti psicologici dominanti in lui, i modelli collettivi ereditati che impediscono il suo adattamento e la sua realizzazione individuale.

In sintesi il Processo di Individuazione può essere inteso come lo sviluppo della personalità individuale.

Il compito del Terapeuta Junghiano è accompagnare il paziente in questo percorso, per identificare il senso del suo malessere.

Il Terapeuta si mette in gioco in prima persona – con empatia – per aiutare il paziente a trovare l’energia per individuarsi, e cioè confrontarsi con se stesso, rinnovare la sua vita e realizzare la propria autenticità. Potrà recuperare così ciò che aveva lasciato per strada per aderire alle esigenze collettive e non alle proprie.

Terapia Cognitivo Comportamentale (Aaron T. Beck)

Lo Psichiatra americano Aaron T. Beck, partendo dalla Psicologia sperimentale e dagli studi sul comportamento di John B. Watson e Ivan P. Pavlov, nel 1960 avvia un nuovo tipo di terapia: la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT).

Aaron T. Beck era convinto che emozioni, pensieri e atteggiamenti siano profondamente connessi e influenzati dalla nostra percezione delle cose e degli eventi (modello cognitivo). Quindi una persona con pensieri “distorti” può provare emozioni fortemente negative che possono condizionare il suo comportamento.

Per esempio se una persona percepisce come pericoloso l’ascensore, salendoci proverà un senso di paura. Eppure non è direttamente l’ascensore a causare quella sensazione negativa, quanto piuttosto l’idea che la persona se ne è fatta e l’emozione che gli associa.

Questo pensiero influenza negativamente il comportamento e l’umore e, spesso, fa sì che il disagio venga mantenuto dal comportamento stesso.

Il comportamento che causa il malessere, o il disturbo, è stato “appreso” nel corso delle esperienze e quindi – come lo si è imparato – altrettanto lo si può dimenticare e imparare un comportamento nuovo.

È importante sottolineare che chi soffre di un disturbo non ha la sensazione di aver appreso un comportamento, perché l'”apprendimento” avviene automaticamente, senza passare dalla coscienza: è simile ad un riflesso automatico.

Lavorando sui comportamenti e le convinzioni che sono alla base del malessere, si è visto che è possibile aiutare i pazienti a mettere in atto un cambiamento positivo, con effetti duraturi nel tempo. Questo perché è stato interrotto quel circolo vizioso che manteneva lo stato di disagio.

Il Terapeuta Cognitivo Comportamentale cerca, quindi, di capire e “isolare” i pensieri che accompagnano le emozioni negative della persona, sperimenta modi differenti e più funzionali per rispondere alle situazioni problematiche, applicando le tecniche che ritiene più opportune in base al paziente e al tipo di disturbo.

Il paziente – grazie alle indicazioni ed alle tecniche del Terapeuta – può modificare il suo tipo di pensiero, il contenuto e le emozioni associate che lo disturbano.

Trasformando la sua percezione delle cose – la sua esperienza emotiva e cognitiva – può gradualmente “ristrutturare” i propri comportamenti, quindi può “liberarsi” dal disturbo che lo affligge per ritornare a una vita più serena e positiva.

Terapia Familiare – La Terapia della Famiglia

La Terapia della Famiglia o Terapia Sistemico Relazionale nasce in America negli anni ’50 del secolo scorso, grazie agli studi di J.H. Beavin, D.D. Jackson, P. Watzlawick, C. Szluski e G. Bateson e alle nuove conoscenze diffuse dall’Antropologia e dalla Sociologia.

In questo tipo di terapia la persona viene accolta nella sua interezza e considerata come parte del tutto (il sistema) e cioè del suo contesto familiare e sociale, poiché ogni persona è espressione e frutto dell’ambiente in cui vive e cresce, ne viene condizionata e lo condiziona a sua volta.

Durante le sedute infatti, il Terapeuta osserva come l’organizzazione familiare e l’ambiente influenzano la vita delle persone, com’è la qualità delle loro relazioni, quali gerarchie e alleanze si formano e quale ruolo assumono al loro interno.

Considerare come problematica non la persona, ma il contesto in cui vive (il sistema), non significa criminalizzare i genitori o la famiglia: sicuramente in una terapia familiare non si cerca un colpevole ma l’intreccio delle relazioni tra di loro.

In questa logica il terapeuta della famiglia può ritenere utile lavorare solo con la persona che vive il problema, come può ritenere utile lavorare anche con altri componenti della famiglia.

Quando una persona si rivolge a un Terapeuta a causa di un disturbo o un disagio, spesso rivela che qualcosa non va all’interno del suo “sistema”, quasi come se la persona stessa fosse il sintomo di una relazione disfunzionale.

Il disturbo quindi può essere visto anche come l’espressione di dinamiche relazionali che si ripetono in maniera cronica oppure dell’insofferenza rispetto a un ruolo che la famiglia – inconsapevolmente e involontariamente – “assegna” a uno dei suoi membri. Come famiglia si intende qui l’insieme delle generazioni, presenti e passate.

In questo caso la terapia Sistemico Relazionale parla di “mandato familiare”. Il membro di una famiglia (il “paziente designato”) potrebbe sentire per primo la necessità di innescare un cambiamento nelle sue relazioni oppure di uscire dal suo ruolo.

Tale cambiamento può provocare una “rottura”, che a sua volta comporta la necessità di una riorganizzazione del sistema-famiglia o del sistema-persona, un processo non sempre facile né indolore, in cui però si gode della guida e del sostegno del Terapeuta.

Terapia di Gruppo

La Terapia di Gruppo si sviluppa nel corso del 19esimo secolo in cui si susseguirono esperienze in ambiti diversi (medico, psichiatrico, psicoterapeutico). Ancora oggi questo tipo di Terapia può essere applicata in modo diverso e con scopi differenti, a seconda dell’orientamento o scuola del Terapeuta. Ci sono per esempio i gruppi di Arteterapia, di Psicodramma, Gruppi di Analisi Transazionale, Sistemico Relazionali, Cognitivo Comportamentali.

La Terapia di Gruppo è un tipo di terapia particolare, in cui si utilizzano tecniche e strumenti specifici per il gruppo. All’interno si instaurano dinamiche singolari che, in genere, rendono le persone particolarmente ricettive e libere nell’esprimersi.

Rispetto al tradizionale rapporto Paziente-Terapeuta, questo modello si arricchisce di un terzo elemento, il “Gruppo” appunto, che può aiutare nel fare luce su certe dinamiche della personalità, soprattutto nelle relazioni con gli altri. Può offrire un ulteriore sguardo o punto di vista su quanto emerge in terapia.

Per il trattamento di alcuni disturbi o con alcune persone può rivelarsi più efficace della terapia individuale, così come può avvenire il contrario.

I gruppi possono essere di tipo supportivo, come i gruppi di aiuto e di sostegno fra pari, e di tipo espressivo/elaborativo, in cui fare emergere contenuti su cui soffermarsi insieme a un Terapeuta.

In genere la Terapia di Gruppo si svolge nelle seguenti modalità:

Gruppi Direttivi: cioè diretti dal Terapeuta, che ne stabilisce i tempi e i modi;

gruppi Non Direttivi: in cui il Terapeuta fa da supervisore, intervenendo solo se è il caso di soffermarsi su qualcosa;

  • Gruppi Chiusi: se ci sono termini e tempi precisi di “lavoro”;
  • Gruppi Aperti: se i membri possono entrare ed uscire liberamente dalla seduta;
  • Gruppi Omogenei: se ogni membro condivide lo stesso problema;
  • Gruppi Disomogenei: composti da persone con problemi differenti;
  • Gruppi Verbali: in cui lo strumento è il dialogo, le parole;
  • Gruppi Non Verbali: se il gruppo si esprime con azioni, movimenti etc. (ad es. giochi di ruolo, psicodramma).

PNL: Programmazione Neuro LinguisticaGrinder, Bandler & NLP

La Programmazione Neuro Linguistica o PNL è stata sviluppata a partire da una ricerca sui micro-comportamenti avviata, nel 1970, da John Grinder (Linguista) e da Richard Bandler (Psicologo). Con micro-comportamenti si intendono quei comportamenti, anche minimi, che tutte le persone fanno: le espressioni del volto, i cambiamenti di postura mentre si ascolta un discorso, l’aumento o la diminuzione della frequenza di respirazione, il battere delle ciglia, ecc.

Grinder e Bandler sostengono che modificando la nostra percezione delle cose, si possono “ristrutturare” i comportamenti mentali ed emotivi – anche quelli automatici e inconsapevoli – e quindi modificare il nostro modo di agire e reagire agli eventi.

La PNL è anche e soprattutto uno studio sulla struttura dell’esperienza soggettiva. Cioè ognuno di noi ricorderà la sua esperienza in modo diverso: la PNL studia queste differenze individuali e tutto ciò che ne deriva.

Per mettere a punto la loro tecnica, i due studiosi hanno analizzato nel minimo dettaglio le modalità di comportamento dei Terapeuti giudicati più efficaci, in grado cioè di ottenere risultati ottimi e duraturi con i propri pazienti.

Si sono concentrati su Fritz Perls (Terapia della Gestalt), Milton Erickson (Ipnosi) e Virginia Satir (Modello Sistemico Relazionale). Osservarono il comportamento che tenevano durante le sedute con i loro pazienti, per riprodurre “al millimetro” ogni loro singolo sguardo o gesto, anche quelli più impercettibili.

Questo processo e stato chiamato “Modellamento”.

Con la PNL, oltre alla Psicoterapia, Grinder e Bandler vogliono offrire strumenti e tecniche per “migliorare, arricchire, ampliare” le capacità di risolvere i problemi e di vivere la propria vita in maniera più appagante. Dopo aver analizzato e compreso i processi mentali della persona, le tecniche e gli strumenti principali che si utilizzano sono:

  • tecniche di comunicazione;
  • tecniche di gestione delle emozioni;
  • ristrutturazioni;
  • modellamento (ovvero assunzione di nuovi processi mentali più utili e/o efficaci).

Spesso il terapeuta PNL utilizza anche tecniche ipnotiche.

In sintesi, una volta capiti i processi mentali che “governano” i nostri comportamenti, il terapeuta PNL (attraverso il linguaggio) può applicare quelle tecniche che ci aiuteranno a modificarli (Programmazione), agendo sul nostro modo di percepire le cose.

Il terapeuta guida questo “modellamento” ad atteggiamenti più efficaci, ci insegna a replicare modelli positivi, più funzionali a risolvere i problemi e a raggiungere con successo i nostri obiettivi.